06 Aprile 2020
Un emendamento del governo al decreto Cura Italia prevede che le piattaforme SaaS siano basate su “sistemi di conservazione, processamento e gestione dei dati necessariamente localizzati sul territorio nazionale”. Sprint di Italia Viva all’e-payment: obbligo nelle aree più colpite dall’emergenza Covid-19
Smart Working sì, ma solo se made in Italy. Un emendamento del governo all’articolo 75 del Cura Italia – il decreto ha iniziato il percorso di conversione al Senato – stabilisce che le piattaforme SaaS in uso nella PA siano basate su “sistemi di conservazione, processamento e gestione dei dati necessariamente localizzati sul territorio nazionale”.
L’articolo 75 del decreto istituisce un percorso semplificato per permettere alle PA di attivare rapidamente servizi digitali per i cittadini e per le imprese e facilitare l’adozione dello smart working. Fino al 31 dicembre 2020 un processo facilitato per gli enti per acquisire beni e servizi digitali, con particolare riferimento a servizi che operano in cloud: Software-as-a-Service, come ad esempio servizi di hosting, ma anche applicazioni, servizi che permettono il telelavoro, o servizi diretti al cittadino e alle imprese. Gli enti potranno acquistare questi beni e servizi con una procedura negoziata ma senza bando di gara e in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia.
Il fornitore dei servizi deve essere selezionato tra almeno quattro operatori economici, di cui una startup o una Pmi innovativa; inoltre gli acquisti di beni e servizi devono riguardare progetti coerenti con il Piano Triennale della PA e integrati, laddove possibile con le piattaforme abilitanti (Spid, Anpr, PagoPA).
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